È un romanzo molto italiano che si legge tutto di un fiato, quello che ci propone Rutilio Sermonti. Lo è nei nomi, nei richiami culturali e nei tratti di umanità che ci descrive liberamente, senza pregiudizi omologati e con la saggezza esperita tra tante vicende esistenziali in cui le scorie della quotidianità non hanno mai inciso nella sua visione dell'esistenza compenetrata intimamente con l'armonia del Cosmo.
Sulle rive dell'ampio golfo del Tirreno, nelle ordinarie disfunzioni partenopee, tanto ordinarie da sembrare naturali con gli effetti limitanti del progresso consumistico, Napoli continua ad incarnare la sua predisposizione a scalo commerciale impressale dagli antichi Greci.
Parte ormai della italica repubblicuccia a sovranità limitata, gli abitanti della città millenaria vivono delle loro attività in parte lecite, ma anche di quelle assimilate quasi con rassegnazione per la loro inevitabilità e irremovibilità, divenute luogo di esercizio dell'arte più riuscita dei figli e ndrocchia.
Le strade tortuose, sovraccaricate dal traffico e dalla sosta di autovetture, diventano quotidiana palestra di tormento per i napoletani che vi transitano, arricchito da insulti, scontri e affanni.Ma alle tre di notte di luglio, in una estate ancora non troppo inoltrata, la via che scende dal Vomero verso Piedigrotta, appariva deserta al passaggio di una Mercedes bianca. E comincia il prologo.
Napoli fa da sfondo alle vicende del romanzo, che per diversi tratti invece ci trasporta nella cittadina Travemünde nella Germania del Nord, e crea contrasto con il suo disporsi ordinato, con la sua logica
funzionalità e la sua efficienza con l'altro angolo d'Europa, calato nel disordine ammucchiato. È nel freddo nord europeo dove l'ammirata prorompente bellezza femminile mediterranea di due giovani sorelle, ignare della lingua tedesca da un lato, ma anche di tutte le altre ad eccezione dell'italiano, cattura l'attenzione di un giovane avvocato che inizialmente le aiuta allo sportello dell'ufficio turistico proponendosi come interprete.
Le urla, di una delle due giovani, per lo sgomento, lo smarrimento e l'orrore alla vista del corpo senza vita del marito della maggiore, trovato ammazzato con una coltellata, all'interno della sua Volvo, nella piazzola stradale in cui le attendeva, svelano un omicidio apparentemente insensato. Il soccorso del brillante avvocato continuerà allora a sostenere le due sprovvedute giovani italiane nell'allucinante situazione creatasi, nell'inchiesta della polizia tedesca, e poi della magistratura inquirente, estendendosi poi anche nelle indagini italiane.
Ritrovatisi i tre in Italia, ormai grandi amici, ad essi si aggiungono numerosi personaggi, ognuno, a suo modo, protagonista, sia che appartenga alla funzione giudiziaria, sia alla malavita, sia alle amicizie sempre più care e strette, come il capitano Cuomo dei Carabinieri, il giovane avvocato Luigi e la caleidoscopica figura del pittore Bruno.
L'intensa passione di Bruno verso la vedova Alessi, dapprima convince il commissario Di Palmi della sua colpevolezza nel delitto di Travemünde, tanto da procedere al suo arresto, ma l'emergere degli aspetti sconosciuti della vita parallela del morto restituiranno la libertà al recluso e concorreranno pericolosamente, per gli investigatori non ufficiali, a ricostruirne i contatti e le relazioni malavitose.
Sì. Ci sono tutti i tipi italici in questa narrazione che cattura fino alla fine: quelli di cui andare fieri e quelli meno edificanti, quelli più consapevoli e quelli più sprovveduti, quelli che sanno distinguere le
cose serie, dal potere e dal denaro spremuto dalla sopraffazione degli altri.Ma un uomo apparentemente modesto, incurante del suo aspetto, ricco di raffinata cultura e conoscenza dell'animo umano, fuori dagli schemi, ma decisamente affascinante, come il pittore riesce a fare giustizia in modo sicuramente esplosivo e placare l'odio per gli infami assassini.
Ma è al termine del romanzo che l'Autore si fa Maestro donando con pochi tocchi e lungi da ogni pedanteria una lezione magistrale che arriva all'essenza profonda dell'essere.Al lettore offre pensiero, consegna vissuti, insegna che la vita è un tratto di esistenza, la cui durata assegnata in sorte assuma l'aspetto di una grande tragicommedia per le positività e negatività che trascina, per il serio e per il faceto che inestricabilmente vi si mescolano. Vi sono cose che sono eterne solo per un certo tempo, ma ci sono anche cose più forti del tempo, riferimenti che travalicano l'umano contingente, per i quali l'Uomo è ponte per il futuro.
L'Autore indica la via d'uscita dalle prove terribili, come quelle del dolore profondo davanti alla morte, quando generano momenti in cui vacillano tutte le certezze. Dopo qualche tempo l'Uomo, cerca le risorse dentro se stesso, quindi riflette, medita e rielabora, riesce a non farsi sommergere dalla vita con il sapersi ritrovare nei cicli e nei ritmi della Natura; riannoda il filo invisibile che lo collega verso l'eternità, solleva il suo sguardo, attiva la sua capacità di resistenza e di ripresa e rende più forte il suo essere divino.
Uomo in piedi!