Dove se ne sta andando Roberta Durante? Non lo so. Quello che fa, da quando la conosco, mi piace. Soprattutto adesso che ne scorgo l'ansia, che suppongo sia il ritmo del suo respiro, nella composizione dei versi. Che è esattamente quello che riconduce, perché di questo si tratta, la poesia al sogno. Non a quello romantico, beninteso, non dunque alla fantasticheria, e men che meno alla scrittura automatica, che è una riverbalizzazione da lettino, nella perenne presenza dell'analista, o della sua scimmia. La poesia ha a che fare col sogno per quello che il sogno stesso è: linguaggio, e non allo stato puro (non può esserci nulla di puro in ciò che giunge a riconnettere i corpi), ma in quello d'innesto (d'innesco, d'incesto). Che poi è quel bacio «forte», notturno (il linguaggio proietta ombre sulla luce disperatamente a giorno che continua a dare vita alla vita), con cui invero si cuce «la bocca | ma bene senza mostrare il filo».
Dalla Postfazione di Gabriele Frasca